RAE ARGENTINA AL MONDO

Proteste e repressione in Jujuy, almeno 170 feriti e 68 arresti

È di oltre 170 feriti, di uno con grave trauma cranico, e 68 arresti il bilancio degli scontri registrati martedì nella provincia argentina di Jujuy. Scontri legati all'approvazione di una riforma della Costituzione locale, che hanno opposto manifestanti e forze di sicurezza per oltre quattro ore. L'azione della polizia è iniziata nel cuore di San Salvador de Jujuy, capolouogo della provincia nord occidentale del Paese. I manifestanti, hanno risposto con lancio di pietre all'intervento delle Forze di sicurezza, intervenute con gas lacrimogeno e proiettili di gomma. Le proteste sono nate a seguito della riforma della costituzione provinciale, in particolare per l'inserimento di una norma con cui si proibiscono, nel corso delle manifestazioni, i blocchi stradali e le azioni che limitano la circolazione così come le occupazioni di luoghi pubblici. Le comunità originarie denunciano inoltre norme che priverebbero loro di diritti sulle terre ricche in litio. Gli incidenti stanno avendo ampia eco sui media locali. Nel mirino delle critiche, il governatore della provincia, Gerardo Morales, esponente della coalizione di centrodestra Insieme per il cambio (Jxc) e possibile aspirante alla presidenza nelle elezioni di ottobre. "Lei è l'unico responsabile di aver portato la nostra amata provincia di Jujuy a questa situazione limite, cercando di imporre una riforma costituzionale che non rispetta quella nazionale", ha scritto il presidente dell'Argentina, Alberto Fernandez. Morales ha risposto dicendosi pronto ad emendare alcune parti della riforma, specialmente quelle che interessano le popolazioni indigene, ma non modificando le norme che limitano le espressioni di protesta.
Al centro del dibattito c'è la condotta adottata dalle forze di sicurezza, espressione della "intolleranza" e dell'incapacità del fronte conservatore di mantenere la pace sociale. La vice presidente, Cristina Fernández de Kirchner, ha stabilito un parallelismo con i violenti scontri di dicembre del 2001, momento culmine di una crisi finanziaria che avrebbe portato il Paese in default. "Paradossalmente, lo stesso governatore che oggi ha ordinato la repressione a Jujuy era un alto funzionario di quel governo" che "aveva stabilito lo stato di emergenza ed è stato responsabile di quelle morti", ha scritto Kirchner in un messaggio pubblicato sul proprio profilo Twitter. Un fenomeno che si ripete in modo "circolare", ha segnalato Cristina Kirchner, tornando a denunciare la decisione dell'ex presidente, Mauricio Macri, di contrarre il maxi debito da 45 miliardi di dollari con il Fondo monetario internazionale (Fmi). Un modo per "far tornare l'organismo multilaterale nel Paese", ha aggiunto l'ex "presidenta" da sempre critica nei confronti delle richieste di tagliare la spesa sociale, avanzate dal Fondo.
L'opposizione di centrodestra si è invece stretta al fianco del governatore Morales, con una conferenza stampa organizzata formalmente per rivendicare l'importanza della riforma costituzionale della provincia. Patricia Bullrich, ex ministro della Sicurezza nel governo Macri e attuale pre candidata alla presidenza, ha riportato una "denuncia molto concreta, sull'azione del governo nazionale nella provincia di Jujuy, che ha approvato una Costituzione sovrana". Intanto la Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh) ha lanciato un allarme sull'uso eccessivo della forza impiegato nella repressione delle proteste in atto nella provincia di Jujuy, Argentina. La commissione "osserva con preoccupazione le azioni che si compiono per sciogliere le proteste nella provincia di Jujuy, in Argentina, una delle province con la maggior quota di popolazione indigena", si legge in una nota. L'organismo lancia un appello al rispetto della libertà di espressione, a mantenere gli standard americani nell'uso della forza, e a portare avanti un dialogo "un dialogo efficace, inclusivo e interculturale", nel quale siano rispettati i diritti sindacali e delle popolazioni autoctone. Le proteste sono nate a seguito della riforma parziale della costituzione di Jujuy, provincia nord occidentale del Paese, e in particolare per l'inserimento di una norma con cui si proibiscono, nel corso delle manifestazioni, i blocchi stradali e le azioni che limitano la circolazione così come le occupazioni di luoghi pubblici. Le comunità originarie denunciano inoltre norme che priverebbero loro di diritti sulle terre.
La nota, si riferisce alle tensioni iniziate nel fine settimana, con l'impiego da parte delle forze di sicurezza di gas lacrimogeni e proiettili di gomma. Gli scontri, proseguiti nei giorni successivi, hanno sin qui portato a 58 arresti, e il ferimento di almeno 70 persone. "Lo Stato deve fare chiarezza sul possibile uso eccessivo della forza. Al tempo stesso deve garantire che gli agenti della forza pubblica forniscano informazioni che permettano di identificare la catena di comando e l'esecuzione degli ordini", prosegue la Cidh. Nel mirino delle critiche, il governatore della provincia, Gerardo Morales, esponente della coalizione di centrodestra Insieme per il cambio (Jxc) e possibile aspirante alla presidenza nelle elezioni di ottobre. "Lei è l'unico responsabile di aver portato la nostra amata provincia di Jujuy a questa situazione limite, cercando di imporre una riforma costituzionale che non rispetta quella nazionale", ha scritto il presidente dell'Argentina, Alberto Fernandez.