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La Patagonia alla ricerca di un modo sostenibile per controllare i castori

La Patagonia argentina alla ricerca di un modo sostenibile per controllare i castori

La piaga dei castori che colpisce la biodiversità della Patagonia argentina, e in particolare le foreste della Tierra del Fuego, si potrebbe controllare a medio o lungo termine se "le politiche attive fossero sostenute nel tempo", ha detto Adrián Schiavini, dottore in Scienze Biologiche, ricercatore principale del Conicet e uno dei principali specialisti del paese in questo campo.

I castori sono stati introdotti nella Tierra del Fuego dal Canada nel 1946, allo scopo di sviluppare un'industria della pelliccia, ma l'adattamento della specie alla regione, dove inoltre non ha predatori naturali, li ha fatti moltiplicare fino a "circa 100.000" esemplari sparsi in tutta la Patagonia, secondo le ultime rilevazioni ufficiali.

El Sur busca un modo sustentable de controlar la plaga de castores - Télam - Agencia Nacional de Noticias

La provincia fu protagonista quest'anno, quando il Centro Austral de Investigaciones Científicas (Cadic), un'agenzia del Conicet con sede a Ushuaia, decise a maggio di sradicare una piaga di conigli selvatici spruzzandoli con gas fosfina, scatenando una polemica con le associazioni protezionistiche che portarono la questione in tribunale e fecero annullare il provvedimento.

Nel caso dei castori, anche la caccia è stata vietata per 30 anni. Essi abbattono varietà autoctone di alberi e usano i rami per costruire dighe che modificano i corsi d'acqua inondando intere aree, alterando completamente gli ecosistemi.

I castori hanno allagato circa 40 chilometri quadrati di foresta, e oltre a modificare il paesaggio e ad alterare gli ecosistemi, "contaminano i fiumi che riforniscono le città, e addirittura favoriscono la proliferazione di altre specie invasive come il visone", ha affermato.

 

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Lago artificiale costruito per ospitare gli uccelli selvatici in fuga dagli incendi

Un lago artificiale che sarà rifornito d'acqua da un mulino a vento è stato costruito da un'organizzazione ambientalista in un quartiere di Rosario, a circa 300 chilometri dalla città di Buenos Aires, nella provincia di Santa Fe, per attirare e ospitare centinaia di uccelli selvatici in fuga dagli incendi sulle isole del Delta del Paraná.

L'iniziativa senza precedenti è realizzata dall'organizzazione non governativa Mundo Aparte, in risposta al numero allarmante di uccelli nativi che, a causa degli incendi sulle isole, cercano rifugio in bacini d'acqua, piscine e alberi a Rosario.

Da quando gli incendi nei bagnati sono iniziati nove mesi fa, centinaia di uccelli acquatici attraversano il fiume Paraná ogni giorno, e si stabiliscono sugli alberi in piazze e viali, piscine, pozzanghere e canali.
Il lago artificiale ancora in costruzione sarà profondo un metro e mezzo e lungo circa 30 metri. Sarà alimentato con acqua da un mulino a vento e, se tutto va bene, entro un mese sarà pronto per essere utilizzato dagli uccelli.

Per la costruzione del lago artificiale, Mundo Aparte ha la collaborazione del comune di Rosario, che ha fornito macchinari e ingegneri 'ad honorem'. L'acquisto del mulino a vento, nel frattempo, comporta una spesa di più di 150 mila pesos. (E 1.000 circa)

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Il più grande dinosauro che abitava la Terra era argentino

La regione patagonica che si conferma ‘terra di giganti’ per eccellenza. I resti fossili di un dinosauro vissuto 98 milioni di anni fa sono stati rinvenuti nella provincia di Neuquén, precisamente nella formazione Candeleros, formazione geologica che si sviluppa nelle province di Río Negro, Neuquén e Mendoza. Secondo i ricercatori specializzati, potrebbe trattarsi dell’animale terreste più grande della storia.

Si tratta di un titanosauro appartenente ai dinosauri sauropodi, gruppo che comprendeva dinosauri come Saltasaurus e Isisaurus, evolutisi prima della grande estinzione di massa di fine Cretaceo. Stando alle conoscenze attuali, erano maggiormente presenti nella odierna America meridionale, soprattutto nella Patagonia argentina, e superavano le 40 tonnellate di peso.

Come spiegato dai ricercatori sulla rivista specializzata Cretaceous Research, il ritrovamento si riferisce a “un sauropoda titanosauro gigante composto da una sequenza articolata di venti vertebre caudali anteriori e quattro posteriori nonché ossa appendicolari”. Gli scienziati ritengono che è possibile considerarlo “uno dei sauropodi più grandi mai trovati e probabilmente supera le dimensioni del Patagotitan mayorum”.

È altresì spiegato che, sebbene le analisi anatomiche non permettano di considerarla una nuova specie, “la differenza morfologica e l'assenza di elementi equivalenti rispetto a unità tassonomiche coetanee impedisce di assegnare questo nuovo materiale a generi già noti”. È per questo che si pensa a un ritrovamento di assoluta importanza.